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Cessione del quinto e maternità: guida alla normativa

Assegni di maternità: normativa in tema di cessione del quinto

La cessione del quinto prevede una normativa molto ampia e disciplinata dall’articolo 1260 del Codice Civile e regolata dal DPR numero 180 del 5 gennaio 1950 e dal regolamento attuativo DPR numero 895 del 28 luglio 1950, oltre che dalle leggi 311/2005 e 80/2005, che si occupano in particolare di dipendenti delle aziende private e i pensionati.

Più difficile, però è comprendere cosa dice la normativa e come si comporta nel caso di una dipendente di azienda in maternità. È bene, quindi, fare un po’ di chiarezza su come verrà gestito il rimborso a mamme e future mamme interessate.

Lavoratrici dipendenti in maternità: la compatibilità con la cessione del quinto

La normativa attualmente in vigore si comporta in maniera differente a seconda della tipologia di maternità che verrà adottata, suddividendo le opzioni in una maternità obbligatoria, anticipata e congedo facoltativo che può essere anche non retribuito. Tutto ciò considerando che, nel caso in cui la donna si trovi in una situazione di gravidanza a rischio, quest’ultima possa essere anticipata.

Per comprendere meglio è necessario analizzare più nel dettaglio le diverse ipotesi:

  • Congedo obbligatorio

Il congedo obbligatorio prevede un periodo di fermo della durata di 5 mesi che, generalmente, vengono suddivisi in due mesi prima della data del parto e tre mesi dopo il parto, con la possibilità di modifica della decorrenza da parte della gestante, suddividendo in un mese prima del parto e quattro mesi dopo, sempre rispettando il limite improrogabile di cinque mesi.
In conformità di questa prima opzione, lo stipendio (che normalmente verrà corrisposto dall’INPS e anticipato dal datore di lavoro) sarà pari all’80% dello stipendio del mese precedente nella busta paga, mentre il restante 20% verrà versato dal datore di lavoro.

  • Maternità anticipata

Nel caso in cui ci si trovi in una situazione di maternità anticipata voluta dalla lavoratrice in gravidanza, dovrà necessariamente essere richiesta 7 mesi prima della data prevista per il parto e solo se sono presenti diversi requisiti. In primo luogo, è necessario il parere del proprio medico specialista nel momento in cui reputi la gravidanza incompatibile con il lavoro svolto e, quindi, a rischio per il bambino (l’astensione viene rilasciata dall’ASL).
In secondo luogo, viene valutato se la mansione sia compatibile con la condizione di gravidanza e, se non dovesse esserlo, la dipendente ha la possibilità di cambiare la mansione all’interno dell’azienda; se non fosse possibile affidare una diversa mansione da quella svolta abitualmente alla lavoratrice durante il periodo di gravidanza (mansione che comunque lascerebbe per tornare alla propria principale una volta aver partorito ed essere tornata a lavorare), viene confermata la possibilità di usufruire della maternità anticipata.
E, infine, può essere fatta richiesta se siano presenti delle patologie collegate alla gestazione o per la presenza di patologie familiari che non siano comunque compatibili con il proprio lavoro.
Anche in questo caso, lo stipendio verrà corrisposto per l’80% dall’INPS e anticipato dal datore di lavoro, invece la differenza del 20% sarà a carico solo del datore di lavoro.

  • Congedo facoltativo e congedo non retribuito

Il congedo facoltativo (anche conosciuto come “a stipendio ridotto”), a differenza degli altri, può essere richiesto solo a seguito del congedo obbligatorio, con il rispetto della durata di sei mesi (indifferentemente se siano utilizzati tutti insieme o se vengano suddivisi a seconda della necessità della dipendente). Un’altra differenza col congedo obbligatorio è che, in questo caso, lo stipendio corrisposto dall’INPS viene ridotto al 30% del totale.
Durante il congedo facoltativo, la rata del prestito viene modificata o sospesa completamente, salvo poi essere rimborsata a conclusione dello stesso periodo.
Infine, il congedo facoltativo non retribuito prevede che, trascorsi tutti i mesi (cinque precedenti più altri sei), venga fatta domanda per ottenere altri sei mesi di aspettativa.
Questi mesi di congedo possono essere usufruiti fino all’ottavo compleanno del figlio/a e, a differenza del precedente congedo, non è prevista alcuna retribuzione. Lo scopo è quello di poter conservare il posto di lavoro rispettando il requisito necessario per poterne usufruire, ovvero la dimostrazione che la lavoratrice dipendente sia rientrata in servizio o che lo faccia prima del congedo.

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Ulteriori chiarimenti in tema normativo

Resta in ogni caso necessario che il datore di lavoro sia a conoscenza della gravidanza attraverso visione di un certificato medico rilasciato alla gestante. Un altro punto fondamentale da chiarire è che, se una donna gode della maternità, e sta di conseguenza ricevendo l’assegno, non potrà godere anche della cessione del quinto.

Per quanto riguarda le modalità ed eventuali domande, si consiglia di visitare il sito dell’INPS e consultare le informative e l’Istituto di Previdenza che allega la modulistica di riferimento.

L’articolo 39 della Legge 180 del 1950 sul rinnovo della cessione del quinto vieta di contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno due anni per la cessione di cinque anni e quattro anni per la cessione di dieci anni (a meno che non sia stata anticipatamente estinta la precedente). Per la stipula di una nuova cessione, l’articolo si rifà alle disposizioni su somme e limiti di tempo che vengono date da altri articoli della normativa, sempre tenendo presente l’estinzione della precedente.

Risulta ora più chiaro il fatto che la cessione del quinto non incida sul congedo per la maternità, e solo nel caso in cui lo stipendio si riduca del 30%, la rata viene temporaneamente sospesa e ripresa solo successivamente alla conclusione del periodo stabilito. Dunque, lo stipendio spettante non viene trattenuto in via definitiva, ma solo temporaneamente, per la durata del congedo di maternità, sia questo obbligatorio, anticipato o facoltativo.

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